giovedì 27 ottobre 2011

Nichilismo contemporaneo

(di Ludovico Fava)

Nel panorama culturale sempre più scarno e trascurato in cui viviamo oggi la parola “laurea” non ha lo stesso coefficiente di opportunità e merito che le si poteva attribuire anni fa, e inconsapevolemente le più alte cariche impegnate nell’amministrazione e nella “distribuzione” della conoscenza sembrano essere risolute nell’imporre l’evitazione del problema fondando sull’imprenditorato elitario la prima risorsa e possibilità volta ai giovani.

Nonostante questa masochistica presa di posizione vi sono giovani che trovano inconcepibile una tale spregiudicatezza nei confronti del futuro per quanto riguarda l’ambito culturale e ciò che questo può portare in meglio, non solo per quanto riguarda una brillante carriera, ma spesso anche solo per un antifinalistico amore per il conoscere, per il comprendere, per il continuo e piacevole scambio di idee ed opinioni che in ogni modo viene subliminalmente abbattuto dall’etica utilitaristica infusa dalla società.
Meno merito sembra quasi corrispondere a più notorietà, più orecchie disposte ad ascoltare, meno domande a  cui rispondere. E da qualche parte risuona l’urlo sordo dello scellerato lavoratore che torna a casa la sera con l’unica consapevolezza dell’obbligo categorico di dover ricominciare l’indomani il suo nuovo tentativo di sostentare la propria famiglia, di costruire sogni per i suoi figli, di non poter deludere certe aspettative, ma è anche  consapevole che dopo cena potrà permettersi, prima del comprensibile arrivo di Morfeo, cinque minuti di svago davanti al televisore. Ed è proprio in tale frangente che mi domando cosa mai potrebbe passare per la testa del suddetto individuo alla vista di ciò che lo circonda, anche se per soli cinque minuti. Proviamo a stilare un’ipotetica lista: (1) sciopero dei calciatori (2) ulteriore rincaro dei prezzi del petrolio con conseguenti impennate del costo di benzina (3) tagli all’istruzione che minano anche la tranquillità nei confronti del futuro della prole alla quale si vuole garantire ad ogni costo un futuro sereno e stabile (4) per finire in bellezza, una volta finita l’elencazione delle buone novelle ecco che a sedare l’indole preoccupata del nostro affezionatissimo arriva lo stordimento della prima serata con i suoi programmi pregni di costernazione nei confronti dei meno fortunati,e di stilare un’ulteriore lista di questi ultimi non vale nemmeno la pena.
Da un certo punto di vista sembra quasi una sorta di terrorismo psicologico questa ineclissabile crisi, ma finita la mezz’ora dedita all’informazione il mondo sembra volerla evitare, volersene dimenticare. Certo. Il mondo che può permetterselo,trascinandosi dietro più gente possibile,distraendo dal problema più persone possibili,arriva alla conclusione che non è un suo problema,e che non lo sarà mai.
Si attua così quello che io chiamerei un “nichilismo moderno”, un perpetuo voltare le spalle al problema, a coloro che ne sono vittime. In Nietzsche il fenomeno del nichilismo è sintomo della decadenza in cui versa la civiltà ed è inoltre un evento che porta con sé decadenza e spaesamento, tanto da costituire una sorta di malattia da cui il mondo moderno è affetto; tale malattia condurrebbe alla disgregazione del soggetto morale, alla debilitazione della volontà e alla perdita del fine ultimo dell'esistenza denominato più precisamente “nichilismo passivo”.Ciò porta con sé un’altra delle leggi prime della filosofia di Nietzsche, ovvero l’impossibilità di decretare l’eguaglianza di tutti gli uomini,che veniva dimostrata ad un tempo remoto, passabile del termine “stato di natura”, tramite la legge del più forte.
Con ciò Nietzsche voleva evidenziare l’impossibilità di giudicare sbagliato il comportamento che portava il più forte a sottomettere il più debole, esattamente come succede tuttora nel mondo naturale che oramai non ci appartiene più.
L’intento è riuscito. L’uomo potente è stato capace di non preoccuparsi dei dilemmi morali legati alla propria ricchezza e vivere la propria vita con la celebre volontà di potenza. Ma non è una trasvalutazione dei valori dichiarata, e proprio con ciò questi perdono dignità, poiché temono la dichiarazione diretta della propria spregiudicatezza nei confronti dei diritti degli altri individui. La sofferenza degli altri, per quanto possa essere ricercata la freddezza e l’indifferenza nei confronti di costoro, non potrà mai essere messa in quarantena dall’animo umano, non tanto per ciò che si potrebbe definire un obbligo morale, ma per un semplice fattore d’ istintività che lega l’uomo e la sua specie alla sopravvivenza. Il coefficiente di mutamento psicologico nei riguardi delle azioni morali è sempre stato in tutte le opere di Nietzsche un tassello immancabile della sua vasta esposizione filosofica. Egli infatti fa risalire il dilemma morale e la nascita stessa di quest’ultima dalla vittoria della morale degli schiavi nei confronti della morale dei signori.
Un tempo, in una remota civiltà gli uomini forti erano coloro chiamati nobili. Essi erano brillanti, ottimisti e pieni di volontà di potenza. Dall’altra parte invece vi erano i deboli, incapaci di ribaltare la situazione e costretti a sopportare l’oppressione dei forti non tanto per una sconfitta già dichiarata ma per una consapevole  paura causata dallo scontro diretto con i forti. La loro debolezza divenne frustrazione silenziosa e sempre più logorava la loro vita fino al punto in cui persero la vera volontà di vita terrena.
Così costoro crearono una seconda vita, dove i deboli sarebbero stati i meritevoli e coloro che nella vita terrena fossero stati umiliati,ma fossero stati capaci di sopportare umilmente qualsiasi sorta di trattamento, sarebbero divenuti possessori della gloria e della vita eterna. Tramite questo scontro di ideologie morali venne a crearsi quella che secondo Nietzsche è la più grande truffa dell’umanità: la nascita del Cristianesimo.
Con la sua etica remissiva il cristianesimo imponeva (e tuttora impone con scarsi risultati) castità, povertà, umiltà e sopportazione come compiti buoni e meritevoli per entrare nella grazia della vita ultraterrena. Ognuno di questi tratti della vita Cristiana va a contrastare quella che secondo Nietzsche è la vita naturale dell’uomo e che contraddistingue appunto la morale dei Signori: un continuo ed entusiasta dire di sì alla vita in tutte le sue variabili.
Ora che il Cristianesimo sta vivendo una crisi di fede senza precedenti ci si avvia verso un proseguimento di tale morale per quanto riguarda “l’amore verso il prossimo”, ebbene sì, ma solo come prerogativa esteriore poiché oramai viviamo in un’epoca in cui tutto il mondo si avvia verso una globale ed unica democraticizzazione. Il fantasma della democrazia è il confine ultimo con cui il governo crea pretesti mentre cerca sempre più di formare una popolazione coesa verso nemici immaginari come la crisi economica e il terrorismo.
Giunti a quest’aporia in cui la vita si ferma dovendo scegliere se credere o meno ai nostri governi, alle propagande indipendenti, alle teorie complottistiche o a ciò che la storia ci insegna si cade anche nel cosiddetto “pirronismo storico”, ovvero la convinzione che la storia venga scritta dai vincitori delle innumerevoli guerre e diatribe che hanno caratterizzato da sempre la nostra storia, senza distinzioni, senza giudizi, ma dando unicamente uno sguardo attento ed oggettivo ai fatti, tralasciando ciò che non è nostra competenze: giudicare.

“Quando lo Stato impone ai cittadini di morire per la propria causa, comincia a farsi chiamare Patria”
Muhammed Alì

Nessun commento:

Posta un commento