venerdì 13 gennaio 2012

Oltre al Referendum: proposte concrete per una migliore legislazione elettorale.

(di Michail Schwartz)

12 Gennaio 2012 – Oggi, con una decisione che lascerà dietro di se non pochi strascichi, la Corte Costituzionale ha bocciato entrambi i quesiti posti dal comitato promotore del referendum sulla legge elettorale, sia quello che chiedeva l’abrogazione totale della Legge Calderoli (il cosiddetto Porcellum), sia quello che ne chiedeva l’abrogazione per parti.

Riguardo le motivazioni che mi hanno spinto a non mettere la firma sul quesito referendario ho già parlato in un altro articolo su questo blog, ma ora, visto anche lo spostamentto del dibattito dalle piazze al Parlamento, e’ giunta l’ora di una riflessione un po’ più profonda sulla forma, la struttura e l'articolazione che dovrebbe avere la nostra legislazione elettorale, in vista di una riforma che si fa sempre più vicina.

Sono convinto del fatto che non solo sia inutile un quesito referendario che ci riporti indietro alla vecchia legge Mattarella, ma che sia pure inutile cambiare l’attuale legge Calderoli. La situazione politica odierna non rende possibile in alcun modo una nuova legge elettorale e se mai la rendesse, sarebbe il frutto di compromessi e trattative infinite che farebbero ancor più male a questo paese. Credo invece sia più giusto e logico cercare di modificare l’attuale Legge Calderoli in modo da correggere i suoi difetti e magari perfezionarla in alcune sue sfumature. Perché i problemi, sia ben chiaro, ci sono, e non si può far finta di non vederli.

Prima di iniziare ad elencare le modifiche che ritengo opportune per adeguare l’attuale sistema, credo sia necessario elencare almeno tre obbiettivi che la nostra legge elettorale dovrebbe perseguire: Innanzitutto sono convinto che si debba dare più forza ai partiti (concetto già espresso in altri articoli su questo blog), intesi come collante tra la società civile e lo stato, come veicolo di rappresentanza politica e come strumento di selezione delle elìte parlamentari (e locali).
In secondo luogo ritengo determinante riuscire a garantire al partito (o alla coalizione di partiti) vincitore una certa stabilità nonché una certa forza politica all’interno del parlamento. E siccome in Democrazia forza e stabilità sono date dai numeri, è essenziale ragionare su come poter garantire queste due caratteristiche “numeriche” alla forza vincitrice.
Il terzo punto che ritengo essenziale (e che si ricollega al secondo per quanto riguarda la questione della stabilità e della longevità della legislatura) e’ quello della struttura del sistema politico. Sono convinto che solo con una tendenza verso il bipolarismo e al bipartitismo possa essere assicurata una certa una certa efficienza al parlamento e una certa stabilità al governo, e in tutto ciò la legge elettorale diviene uno strumento cruciale per il raggiungimento di questi obbiettivi.

Detto questo, le modifiche che ritengo più impellenti per riformare l’attuale legge elettorale sono:

1) La trasformazione del premio di maggioranza al Senato da Regionale a Nazionale, equiparandolo quindi a quello in vigore per la Camera.
La presenza infatti di diversi premi di maggioranza regionali trasforma le elezioni per il Senato in una sorta di lotteria dove non si e’ assolutamente sicuri di quello che sarà il risultato. Può infatti risultare molto facile ottenere una buona maggioranza alla Camera, ma una risicata al Senato (se non addirittura cadere in minoranza) creando una forte instabilità del governo che si ritrova costantemente in balia dei partiti minori che gli garantiscono la maggioranza.

2) Ma cambiare il premio di maggioranza al Senato non significa automaticamente parificare le due camere. E’ necessario anche cambiare la legislazione riguardante l’elettorato attivo, parificando il Senato alla Camera. Con lo stesso premio di maggioranza, nazionale, e lo stesso elettorato attivo, tutti i maggiorenni, il risultato del Senato sarebbe coerente con quello della Camera e si verrebbe a garantire una maggior stabilità.

Un’alternativa potrebbe essere rappresentata dall’abolizione del “Bicameralismo Ridondante” e con la creazione, al posto dell’attuale Senato, di una sorta di Bundesrat, dove siedano Regioni, sindaci di città capoluogo presidenti di provincia con compiti e poteri differenti rispetto all’unica camera che diverrebbe il Parlamento, ma per fare questo sarebbe necessaria una riforma costituzionale, che al momento vedo ancora più lontana di un’eventuale riforma elettorale.

3) L’ulteriore innalzamento delle soglie di sbarramento e la loro omogeneizzazione. Come già scritto, prerogativa fondamentale per la stabilità del sistema politico in Italia e’ una limitata frammentazione partitica in parlamento e al governo anche a costo di un minor pluralismo, l’innalzamento delle attuali soglie di sbarramento scoraggerebbe ancora di più i partiti minori, costringendoli ad accorparsi con quelli maggiori, semplificando la scena partitica e portando così il sistema verso un bipartitismo “modello Westminster”.

4) La ridefinizione della circoscrizione estera con l’abolizione delle attuali macroaree e la creazione di un’unica circoscrizione estera.

5) La ridefinizione di una nuova, e più congrua, legislazione elettorale di contorno. E’ un argomento già citato nel primo articolo su questo blog, ma che vale la pena di riprendere. Il grande problema del sistema italiano non e’ solamente quello della mera legge elettorale (ovvero il metodo di selezione della classe dirigente), ma anche tutta l’impalcatura di leggi che fungono da cornice a questa e la implementano (teoricamente) in modo da costituire un’unica legislazione omogenea. Nell’articolo precedente facevo riferimento ad alcune necessità impellenti e qui le ribadisco: la necessità di aspetti di contenuto e merito legislativo (come il tema dell’accesso alla candidatura e delle primarie), di aspetti funzionali e legislativi (come può essere la progressiva informatizzazione di tutti i passaggi e documenti relativi alle elezioni o la creazione di un’unico Election Day), di aspetti istituzionali e ordina mentali (come per esempio il tema dell’affidamento a qualche soggetto indipendente di funzioni oggi svolte dalle istituzioni statali, ovvero da nessuno). Insomma, la ridefinizione a 360 gradi della legislazione elettorale.

In tutto ciò ritengo necessario cercare di mantenere due meccanismi già presenti nell'attuale Legge Calderoli, meccanismi che possono portare ad una situazione favorevole come quella descritta nei tre punti inziali: Il sistema delle liste bloccate e il cosiddetto premio di maggioranza (gia' evidenziato nelle prime due modifiche all'attuale legge). Il primo garantisce una certa forza e una certa autonomia ai partiti evitando (come gia' scrissi in un altro articolo) la creazione di feudi elettorali e che alcune categorie piu' deboli (come le donne o i giovani) rimangano tagliate fuori dalla scena politica. Il secondo garantisce una notevole stabilità alla forza politica che si aggiudica la competizione elettorale, favorendo cosi' la stabilità, l'efficacia e la durata del governo in carica.

Cercando di tirare le somme: la legge attuale non e’ perfetta, anzi presenta diverse falle, ma ritengo che il suo disegno complessivo indirizzi il nostro sistema nella giusta direzione. Alla legge sono quindi necessari solo dei correttivi, correttivi che si prospettano di più probabile approvazione in un Parlamento quanto mai tumultuoso con l’avvento della crisi e del governo tecnico.
L’Italia e il suo sistema politico (nonché partitico) devono ritrovare la piena fiducia dei suoi cittadini (nonché elettori) e questa fiducia non può che essere ritrovata se non da una maggior efficienza e stabilità del sistema politico. I cittadini italiani provano oggi un grande desiderio di giustizia e di sicurezza nello stato. Meno partiti, meno potere di ricatto da parte dei partiti minori, maggior durata dei governi (il completamento della legislatura sarebbe un sogno) e maggior efficacia nella loro azione sono alla base di queste richieste e il sistema elettorale attuale, propriamente emendato, può portare ad una situazione nuovamente favorevole. Non dico che questa sia l’unica strada percorribile, ma ho la forte convinzione che sia la più ragionevole, per il bene dell’Italia.

2 commenti:

  1. Caro Michail, ho letto il tuo articolo e vorrei consigliare qualche ragionamento. Innanzitutto credo che il clima referendario degli ultimi mesi abbia sovraeccitato il
    Corpo elettorale e abbia fatto si' che in pochi mesi siano state raccolte più di un milione di firme. Il tema della legge elettorale e' , a mio avviso, apparentemente facile da risolvere: oggi sembra che solo scegliendo i rappresentanti si possa tornare alla democrazia. Così pero' si ragiona in maniera troppo superficiale. In sede costituente ci furono alcuni che ipotizzarono di inserire la legge elettorale all'interno di quel ristretto gruppo di materie che non potevano essere oggetto di referendum . Il fatto che la consulta abbia dichiarato l'inammissibilita del referendum non e' un fatto grave, a mio avviso. Di Pietro ha parlato di una corte che voleva compiacere i partiti e il colle, ma credo sia solo una strategia politica a cui l'idv sia incatenata , spesso suo malgrado. Le riforme di struttura che si possono fare sono quelle sul bicameralismo , ma si può anche cercare di smetterla di seguire una critica assidua e noiosa contro i partiti. Grillo e' un ottimo comico, vado matto per lui, ma la sua e' una battaglia impossibile e pericolosa. Internet non e' democrazia, e' uno strumento utile, che non può pero' essere assolutamente l'unica piattaforma di dibattito.

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  2. Condivido in pieno il suo ragionamento, non siamo in molti ormai a credere nel partito come colonna portante della Democrazia Rappresentativa.

    Il primo articolo che scrissi su questo blog (http://agorademocritica.blogspot.com/2011/10/perche-no-al-referendum.html) riprende alcuni dei punti da lei citati: la necessita' di una riforma dell'impalcatura istituzionale (con la modifica del bicameralismo ridondante), e la necessita' di una riforma della legislazione elettorale di contorno.
    Mi trova inoltre pienamente d'accordo quando sostiene che non basta cambiare il metodo di selezione della classe dirigente e in quest'altro articolo (http://agorademocritica.blogspot.com/2011/10/ceto-politico-italiano-un-problema-di.html)e' proprio questo che cerco di esprimere, il problema non e' tanto di selezione della classe politica, ma di formazione di questa. I partiti devono tornare a formare i propri iscritti e i propri militanti, solo così e' possibile un salto di qualita' da parte del nostro ceto politico. Aggiungo inoltre (ma credo che questo fosse implicito nel suo commento), che non ha nemmeno senso gridare ad una drastica riduzione dei compensi alla politica (cosi' ci tiriamo dentro pure i finanziamenti ai partiti) in quanto se e' vero che il compenso sale al salire delle responsabilità e al salire del carico di lavoro, quello del politico e' un mestiere che non puo' essere denigrato come i suoi peggiori detrattori stanno facendo in questo momento. Piuttosto bisogna far si che il politico si meriti i privilegi di cui gode (i quali comunque , e lo scrivo nel pezzo, andrebbero ricondotti alla media europea), ristabilendo un rapporto di fiducia con la società civile.
    Infine i populisti e i fautori dell'antipolitica. Sono pure io come lei uno strenuo combattente di questi personaggi, improponibili e impresentabili sulla scena politica, ma che altro non sono che una degenerazione della sfrenata personalizzazione della politica portata avanti in questi anni da Berlusconi. La crisi e gli ulteriori danni causati dai governi Berlusconi (ma pure una certa debolezza della sinistra) hanno fatto il resto, creando un forte discontento tra i cittadini e offrendo un "assist" troppo invitante per non essere sfruttato ai movimenti e ai partiti populisti. In merito ho scritto qualcosa nel pezzo su Matteo Renzi (http://agorademocritica.blogspot.com/2011/11/matteo-renzi-breve-antropologia-di-un.html), versione 2.0 di un personalismo che sarà dura da sconfiggere.

    In definitiva, pure io come lei convengo sul fatto che l'unico modo per sconfiggere i mali della democrazia contemporanea sia un ritorno alla centralità del partito. Un partito come programma pero', non come immagine del capo, un partito che torni a stimolare la gente verso una discussione costruttiva, magari negli ormai impolverati circoli o le sezioni di partito (io faccio eccezione vivendo in Toscana dove la siuazione e' capovolta!), un partito, insomma, capace di ricostruire con le sue forze, le forze di tutti, un sistema politico ormai ridotto in macerie da vent'anni di vandalismo berlusconiano.

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