sabato 28 gennaio 2012

Educazione: un problema storico

(di Ludovica Fava)

Nel cammino storico dell'umanità, dai fasti ellenici, all'austerità medievale, fino alla resurrezione illuminista e lo sfociare disordinato nell'ultraspecializzazione contemporanea, anche l'educazione è cresciuta, si è evoluta, si è "educata", divenendo sempre più specializzata ed accurata con l'introduzione di nuovi metodi, di nuovi obiettivi.
Oltre ad ammettere un coefficiente materialistico innegabile (come sempre nei processi sociali), l'educazione si fa carico di essere potenza del conseguente uomo, tanto che diverrà il punto di forza principale su cui le maggiori potenze del XX secolo investiranno, non potendo più ammettere l'antiquato ideale dell'uomo e della prole in visione della loro unica forza-lavoro. I despoti moderni volevano il popolo nell'ignoranza, quelli contemporanei cominciarono a capire l'importanza sociale necessaria dell'apprendimento accostandola al dolce pretesto di indottrinare numerose menti secondo la propria corrente di pensiero.
 
Rousseau affermava che l'educazione genuina e l'evolversi sano del bambino non possono essere raggiunte nell'ecosistema sociale, dove le passioni vengono sconvolte e dirottate dall'amor proprio, universalmente definito dai precettori come quel mascheramento esteriore che volge la propria persona al desiderio dell'accettazione sociale e in seguito causa ipotetica della massificazione democratica poi criticata da Toqueville. L'individuo deve aver la possibilità di coltivare la propria autenticità e ciò è possibile unicamente con l'evasione temporanea dalla città. Promotore delle passioni autentiche è l'amor di sé, che spinge l'uomo a non ricercare l'utile se non strettamente necessario alla sua propria conservazione.

L'amor proprio verrà poi riabilitato come efficace collante sociale da Adam Smith,che vedrà il rituale di accettazione come il perseguimento di un obiettivo. Infatti il voler primeggiare, la volontà di acquisire più degli altri portano conseguentemente alla mobilitazione lavorativa, al girotondo economico che garantisce l'operosità e l'attività che sono la priorità esistenziale dell'uomo, come verrà confermato da Karl Marx.
 
Mandeville, come Smith, vede nell'amor proprio un traguardo sociale collettivo, ma in una chiave di lettura decisamente più negativa se non quasi rassegnata. Ciò che per Smith era spirito di competizione per Mandeville diviene inimicizia, l'ammirazione diviene invidia e l'onore si tramuta in orgoglio. Il pensiero decadentista di Mandeville è efficacemente riassumibile nella sua celebre frase "la grandezza e la ricchezza di Londra sono indissolubilmente legate alla sua sporcizia".
 
Per arrivare ad una conclusione pare ovvio dover  tentare un nuovo metodo educativo che non sia la formazione in serie alla quale prendiamo tutti parte oggi.Non deve essere nemmeno un privilegio per pochi. Deve essere, in senso Hobbesiano, un dovere per tutti. Un dovere non teso all'utile, ma un dovere teso all'educazione stessa, prima che venga utilizzata come curriculum, prima che divenga atto acquisitivo necessario all'ingresso nel contesto economico/lavorativo. L'educazione dovrebbe essere finalizzata alla soddisfazione dell'amor di sé, dei propri interessi e dei propri bisogni interiori, e solo secondariamente come scopo acquisitivo.
 
Il procedimento inverso rischia di far sfociare l'educazione in una competizione falsata da privilegi e raccomandazione in una sfrenata corsa alla poltrona, alla scrivania o al camice. In un simile contesto il legame sociale diverrebbe mero offuscamento dell' "altro", inteso come individuo estraneo. L' "altro" è quello che abbiamo di fianco sull'autobus, quello davanti a noi alla cassa del supermercato, la persona con la quale non intratteniamo un discorso pur essendo vicino a noi: non perchè ci è antipatica, ma perchè il nostro silenzio è una ovvia conseguenza dell'amor proprio, dell'isolamento narcisistico che la massificazione ha comportato, tanto è che in paeselli e villaggi tutti si conoscono e trovano strano l'atteggiamento sub-urbano e metropolitano suddetto.
 
L'atto sociale dell'educazione all'autenticità come è inteso da Mauss, sociologo contemporaneo, è passibile di attuazione preferibilmente nelle comunità tribali, coniando così il concetto di Neo-Tribalismo. Con molte analogie nei riguardi della Repubblica di Platone, si individuano così le capacità e le preferenze dei giovani (sin dalla più tenera età) per così rendere più omogenea e genuina la compattazione lavorativa all'interno della società. Curioso ricordare come anche Mauss predicasse e imponesse uno stipendio comunitario che tenesse conto di "totale lavoro nel rapporto qualità/quantità" e "meritocrazia", ma qui si apre la porta verso la pratica, lasciandosi alle spalle la teoria e si viene assorbiti dal contesto dell'attuare pratico.

Sorgono così i dilemmi materiali dei quali la teoria non si occupa preservando una visione utopica della società (vedi teoria del comunismo e "La Repubblica" di Platone) nella quale non vengono calcolate le caratteristiche emotive degli uomini.
Qui rientra in gioco, nella sua intramontabile posizione dominante, l'amor proprio, spacciatore di desideri e di bramosia del superfluo. Sempre tramite un processo logico si può derivare la conclusione: l'inutile è padrone del mondo.
Ciò accade sui mercati, quando si accende il televisore,quando si naviga sul Web. L'inutile è la materia prima dispensata nel mondo e incantatrice dei desideri umani, guida l'amor proprio verso la meta del "voler essere ammirati", del rituale di accettazione sociale che oramai è malsano.
 
Educare equivale ad ambire, ad un impegno fatto di raccomandazioni, competizioni ed ostilità in cui il fine giustifica largamente i mezzi e fa perdere di vista il vero obiettivo:il progresso.
"L'educazione dovrebbe inculcare l'idea che l'umanità è una sola famiglia con interessi comuni. Che di conseguenza la collaborazione è più importante della competizione." (Bertrand Russell)

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