martedì 3 gennaio 2012

Guns 'n' Money: La grande guerra a Obama

(di Jacopo Vannucchi)

 "Vedi Frank, ci sono tanti tipi di armi. E l’unica che può fermare quella [la pistola] è questa [il mazzo di banconote]" (Morton, magnate ferroviario, a Frank, pistolero in C’era una volta il West)


Principali contendenti
Mitt Romney (n. 1947), già governatore del Massachusetts dal 2003 al 2007.
Vantaggi: esperienza imprenditoriale in momenti di bassa congiuntura; sembra adatto alla Presidenza; debolezza degli altri candidati; buone capacità di raccolta fondi; forte in stati democratici (Michigan, New Hampshire)
Svantaggi: Romneycare (la riforma sanitaria varata in Massachusetts); scetticismo da parte dei conservatori; frequenti cambiamenti nella linea politica; religione mormone; vantaggio minimo nei sondaggi; incapacità di aumentare consensi

Newt Gingrich (n. 1943), già Speaker della Camera dal 1995 al 1999.
Vantaggi: nome estremamente conosciuto; oratoria fluente; ammirato dalla base; esperienza di livello presidenziale
Svantaggi: figura polarizzante; probabilmente sarebbe sconfitto da Obama; tre matrimoni e due cambiamenti di religione; carattere scontroso

Pretendenti
Rick Perry (n. 1950), governatore del Texas dal 2000.
Vantaggi: governatore di un grande stato; lunga esperienza elettorale; ritenuto un outsider per non aver mai lavorato a Washington; finanziato dai petrolieri texani; buone capacità relazionali; mai sconfitto in un’elezione
Svantaggi: figura controversa nel proprio stato; commenti incendiari su immigrazione, sicurezza sociale e vaccino contro il papilloma; percepito come troppo texano; incapace di vincere al Nord; performances disastrose nei dibattiti

Ron Paul (n. 1935), deputato per il Texas dal 1997 (e già nel 1976-77 e 1979-85).
Vantaggi: forte sostegno tra gli indipendenti e parte dei repubblicani; nome abbastanza noto.
Svantaggi: alcune posizioni sono in minoranza tra i repubblicani (es. contrarietà alla guerra in Iraq); età avanzata e già sconfitto nel 1988 e 2008

Rick Santorum (n. 1958), senatore per la Pennsylvania dal 1995 al 2007.
Vantaggi: esperienza elettorale a Washington; fortemente conservatore sui temi sociali; popolare in Iowa
Svantaggi: ha perso la rielezione a senatore nel 2006 con un distacco di 17 punti; troppo conservatore per le elezioni presidenziali

Michele Bachmann (n. 1956), deputata per il Minnesota dal 2007.
Vantaggi: forte sostegno nel Tea Party; buona presenza nei media; buon potenziale di raccolta fondi
Svantaggi: personaggio altamente controverso; membro della Camera; probabilmente sarebbe sconfitta da Obama

Jon Huntsman (n. 1960), ambasciatore in Cina dal 2009 al 2011.
Vantaggi: esperienza in politica estera; esperienza esecutiva come governatore dello Utah; molto ricco; amato dai media
Svantaggi: nominato da Obama; posizioni di centro-sinistra sui temi sociali; base mormone contesa con Romney; amato dai media

Buddy Roemer (n. 1943), governatore della Louisiana dal 1988 al 1992.
Vantaggi: capacità di stare sul campo; immagine di riformatore; spera di essere un Jimmy Carter
Svantaggi: curriculum molto ristretto, specie negli ultimi tempi; Jimmy Carter vinse come democratico

"Dall’entusiasmo fanatico delle armi al fascino discreto della borghesia”

Nel 2008 i repubblicani furono oggetto di una sconfitta storica alle elezioni presidenziali e parlamentari. Per la prima volta dal 1964 il candidato del Partito Democratico superava il 50% dei voti popolari. Storiche roccaforti repubblicane erano crollate. Nell’aprile 2009, il senatore repubblicano Specter passò con i democratici, motivando la scelta con difficoltà nella ri-elezione se fosse rimasto nel vecchio partito. Questo non solo invertiva un’antica opposta tendenza, ma consegnava ai democratici la “super-maggioranza” di 60 senatori su 100 con cui superare l’ostruzionismo.
In questo quadro, il Partito Repubblicano organizzò un corso di formazione interno il cui titolo suonava più o meno “come la minoranza può diventare maggioranza”. In aprile 2009 un’anziana signora in Florida contestò Obama e il governatore Crist (repubblicano moderato) mentre presentavano l’American Recovery and Reinvestment Act, il programma che iniettava nell’economia 787 miliardi di dollari pubblici. Era l’inizio del Tea Party, il movimento populista di estrema destra che reclamava il ritiro dello stato federale da quasi tutti gli ambiti della sfera pubblica. Il movimento fu estremamente popolare presso la base repubblicana, che detestava sia Obama sia la propria dirigenza, ritenuta troppo moderata. Nel 2010 i candidati del Tea Party vinsero quasi tutte le elezioni primarie, e a novembre il controllo della Camera passò ai repubblicani. La retorica con cui il Tea Party galvanizzò gli elettori di destra fu a dir poco incendiaria: il Presidente Obama fu paragonato a un tiranno, e non si mancò di notare che il rimedio contro la tirannia era il diritto a portare armi contenuto nella Costituzione, a cui si sarebbe potuto ricorrere se il voto non fosse risultato efficace.
Per il successo del Tea Party furono indispensabili i fiumi di dollari garantiti dalle grandi industrie ostili alle regolamentazioni ambientali, e dalle imprese e banche danneggiate dalle riforme sanitaria e finanziaria varate dai democratici. Inoltre, Obama e la Pelosi non avevano fatto mistero di voler abolire il colossale trasferimento di ricchezza verso l’alto costituito dai tagli fiscali ai super-ricchi promulgati da George W. Bush. L’influenza del cosiddetto hard money (“denaro pesante”, quello contribuito al singolo candidato in periodo elettorale) sul processo elettorale poté dispiegarsi senza limiti grazie alla sentenza della Corte Suprema nel caso Citizens United v. Federal Electoral Commission. Ribaltando un orientamento ventennale, il massimo tribunale dichiarò che il Primo Emendamento, garantendo la libertà di espressione, impediva al governo di imporre tetti ai finanziamenti elettorali. La legge in materia, il Bipartisan Campaign Reform Act del 2002 (meglio nota come legge McCain-Feingold), fu dunque ampiamente abrogata.
Tuttavia il modello del Tea Party si sarebbe rivelato inefficace nel caso di un’elezione presidenziale. In questa competizione l’affluenza alle urne è superiore a quella delle elezioni parlamentari, cosa che tende a privilegiare i democratici. E poiché la Camera repubblicana, sotto la pressione degli estremisti di destra, ostacola sistematicamente le provvisioni sociali ispirate dalla Presidenza, la capacità di Obama di accreditarsi come difensore della classe media avrebbe potuto vanificare gli sforzi per rimuoverlo.
Perciò il Tea Party è stato gradualmente messo da parte. La maggioranza della base repubblicana resta saldamente ancorata a destra, ma è frantumata in cinque candidati (Bachmann, Gingrich, Paul, Perry, Santorum), mentre i moderati ne presentano solo due, Huntsman e Romney, concentrandosi su quest’ultimo. Romney, figlio di un miliardario, miliardario egli stesso, celebre per la frase «anche le corporations sono persone», è chiaramente il candidato su cui punta il partito, ed è l’unico, stando ai sondaggi, in grado di strappare la Presidenza a Obama. Dall’entusiasmo fanatico delle armi, i repubblicani sono passati in pochi mesi al “fascino discreto della borghesia”.
Questo non significa che l’attacco a Obama abbia perso di intensità. I governatori repubblicani eletti a valanga nel novembre 2010 hanno proceduto al varo di due importanti riforme. Da una parte, sono state inasprite le procedure per l’inclusione nelle liste elettorali. Questa misura penalizza l’elettorato che ha meno dimestichezza con la burocrazia: poveri e afro-americani, che solitamente votano democratico. Dall’altro lato, si è cercato di limitare il diritto dei lavoratori alla contrattazione collettiva in modo da indebolire i sindacati, ovvero la maggiore fonte di finanziamento del Partito Democratico.

Se dallo Iowa non emergerà un forte candidato di destra, sul quale possano convergere i voti conservatori nelle successive primarie, credo che Romney possa ipotecare la nomination abbastanza presto.
Ma nel pubblico generale la strategia “populista” di Obama sembra reggere. Nonostante egli sia risultato impopolare per tutto il 2011 – solo negli ultimi giorni di dicembre la differenza tra sostenitori e critici è stata positiva – tutti i candidati repubblicani sono stati più impopolari di lui. Gli americani rimproverano ad Obama di non aver risolto la crisi economica, ma non sembrano aver dimenticato che i responsabili della crisi sono i repubblicani: in ottobre, un sondaggio su Time ha mostrato che, come candidata democratica, Hillary Clinton avrebbe su Romney 17 punti di vantaggio (rispetto ai 3 di Obama).

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