giovedì 26 gennaio 2012

Primarie sì, ma non toccate il premio di maggioranza!

(di Michail Schwartz)

La questione “legge elettorale” sta diventando ormai sempre più impellente. Dopo la bocciatura da parte della Corte Costituzionale di entrambi i quesiti referendari e il monito del Presidente Napolitano ad affettarne il processo di riforma, il dibattito si e’ acceso sempre più, fomentato soprattutto da una forte richiesta proveniente dal basso.
Il problema più grosso che però il nostro Parlamento si trova a dover fronteggiare e’ l’assoluta mancanza di un’idea di fondo comune, sulla quale ripartire nella creazione di una nuova legge elettorale e dunque di un nuovo assetto partitico. Ovviamente ogni partito ha le sue idee, ogni partito tira l’acqua verso il proprio mulino senza che però il cerchio possa neanche lontanamente trovare una sua quadratura di fondo. Insomma: il rischio e’ quello del solito “lavoro all’italiana”, un miscuglio di idee e modelli che si intrecciano tra di loro in una selva di corollari e cavilli, traducendosi poi in risultati perversi e altamente destabilizzanti per l’intero paese.
Chiaramente la posta in gioco e’ alta. A seconda del nuovo tipo di legge elettorale molti partiti rischierebbero di scomparire ed altri di perdere notevole peso rispetto a quello attuale, mentre altri potrebbero invece beneficiarne, accrescendo la propria forza relativa all’interno degli schemi partitici. Nessuno quindi (proprio come il paese reale in questi giorni) intende fare marcia indietro rispetto alle proprie posizioni.

In una situazione del genere il Partito Democratico e’ stato l’unico partito ad aver presentato (già ad Agosto ad onor del vero) una propria proposta di riforma. Si tratta di un modello nuovo per l’Italia, un modello cosiddetto “all’ungherese”, paese dal quale e’ stato preso in prestito. Esso presenta sicuramente, in ottica italiana, alcuni punti di forza, come la presenza sia di candidati eletti dal popolo (all’interno di collegi uninominali maggioritari), sia di candidati inseriti, all’interno di liste bloccate, direttamente dai partiti in collegi circoscrizionali.
Ulteriore punto di forza della proposta democratica e’ sicuramente l’imposizione di significative quote rosa all’interno delle liste circoscrizionali e la cosiddetta “alternanza di genere” nella successione dei candidati.

Tutto questo disegno però rischia di smarrirsi nella jungla parlamentare dei veti incrociati, di essere distorta dai più disparati emendamenti e di perdere così il suo significato originario in favore di un modello ibrido che altro non farebbe che continuare la maldestra tradizione italiana, incapace di dare un senso e un futuro al sistema partitico nostrano.
Proprio per questo nel corso dell’ultima Assemblea Nazionale del Partito, e’ uscita fuori in maniera convinta, proprio dalla bocca del Segretario Nazionale Bersani, la promessa di utilizzare primarie interne per la compilazione delle proprie liste in caso di mantenimento del Porcellum alle prossime elezioni. In pratica, nel caso l’attuale legge elettorale non venisse cambiata, il Partito Democratico si impegnerebbe ad organizzare primarie sul territorio in modo tale da dare alla cittadinanza la possibilità di poter scegliere i propri rappresentanti in Parlamento, soddisfacendo così la forte richiesta proveniente dalla base.

A rafforzare questa proposta ci hanno pensato le primarie stesse, svoltesi recentemente, all’interno proprio del Partito Democratico per la scelta dei candidati sindaci alle prossime elezioni amministrative. L’ottimo risultato in termini di affluenza alle urne e partecipazione ha spinto pure il segretario Bersani a benedirle come strumento di buona politica e partecipazione dal basso, scatenando una conseguente pioggia di messaggi ed esternazioni positive da parte di militanti, elettori e cittadini al grido di: "primarie ovunque e, visto che non riuscitea cambiare la legge elettorale, primarie per la scelta dei deputati, ce ledovete!"

Ecco, proprio su quest’ultima fase verte il senso di questa mia breve riflessione.
Come si evince dalla forte affluenza alle primarie, dal milione e passa di firme in favore del referendum e da quello che e’ il dibattito attuale sulla riforma elettorale (trainato dalle spinte provenienti dal basso), il problema principale e più urgente da risolvere e’ quello della richiesta da parte della società civile di poter eleggere direttamente i propri rappresentanti in Parlamento.
Ora, la mia potrebbe suonare come una provocazione, ma penso potrebbe altresì configurarsi come un’ottima possibilità per Bersani ed il Partito Democratico: lasciamo alla società civile l’elezione diretta dei propri rappresentanti concedendo le primarie, ma teniamoci stretto il premio di maggioranza!
Insomma, parliamoci chiaro, se vogliamo un governo forte, stabile e credibile, e’ necessario avere i numeri. Non che il Partito Democratico non goda di essi (le ultime indagini lo danno al 32%), ma sappiamo benissimo come in Italia servano ben altri numeri per poter governare se non da soli, per lo meno con un solo partner coalizionale (e quindi essere in grado di mantenere una linea di governo realizzabile e coerente con le promesse fatte) e l’attuale meccanismo del premio di maggioranza, assegnando il 54% dei seggi, garantirebbe proprio questi numeri.
Chiaramente, come già sostenuto in altri post, sarebbe necessario cambiare il meccanismo riguardante il premio di maggioranza al Senato, parificandolo (assieme alla legislazione sull’elettorato attivo) a quello della Camera, ma questo sarebbe un obbiettivo decisamente più realizzabile e soprattutto coerente con quelli che sono gli attuali numeri in Parlamento (non dimentichiamoci che il Partito Democratico e’ ancora all’opposizione).
Il PDL, dal canto suo, ha già manifestato l’idea di voler mantenere alcuni aspetti dell’attuale legge elettorale, in quest’ottica sarebbe molto più semplice per il Partito Democratico far valere la propria forza relativa per cambiare quei pochi meccanismi veramente tossici dell’attuale sistema invece di imbastire una battaglia contro i mulini a vento nel tentativo di far passare la propria proposta.
Allo stesso tempo però non subirebbe le pressioni della base la quale, anzi, si troverebbe accontentata nelle sue richieste di maggior rappresentanza tramite l’istituzione di elezioni primarie, lasciando così il Parlamento libero di operare con più tranquillità.
Insomma, il Partito Democratico prenderebbe addirittura tre piccioni con una sola fava: non si impantanerebbe in inutili trattative per una nuova e probabilmente peggiore legge elettorale, avrebbe un buon ritorno d’immagine uscendone come un partito aperto e attento alle richieste della società e si garantirebbe ottime possibilità di realizzare il proprio progetto di alternativa di governo. Tutto questo chiaramente a favore del Partito e per il bene dell’Italia.

Nessun commento:

Posta un commento