lunedì 9 aprile 2012

Un nuovo principe per l'Italia di domani?

(di Michail Schwartz)

Mi è capitato recentemente di rileggere un interessante articolo di Edoardo Campanella su Project Sydicate dal titolo Italy's last Democratic Despot. Nel pezzo l’autore fa un curioso confronto tra la figura di Silvio Berlusconi e il famoso Principe descritto nell’omonimo libro da Niccolò Macchiavelli. L’accostamento nasce dalla considerazione dell’autore di come l’Italia e in particolar modo gli italiani abbiano sempre avuto un debole per le figure autoritarie, imperatori, duchi, principi illuminati, in grado di garantire ad essi la sicurezza (o per lo meno l’illusione di essa) verso le turbolenze del mondo esterno.
L’autore poi si sofferma sulla figura di Berlusconi tracciando un quadro della sua carriera politica attraverso le caratteristiche peculiari affibbiate da Macchiavelli al suo Principe.

Berlusconi, secondo l’autore, seguì le indicazioni di Macchiavelli nel proporsi come difensore dell’Italia da quella che era l’elite dominante nel paese. Se nel rinascimento questa era riconosciuta nella nobiltà, alla fine della Prima Repubblica era rappresentata da una classe politica ormai obsoleta e allo sbando, travolta da numerosi scandali e inchieste giudiziarie e verso la quale gli italiani non nutrivano più alcuna fiducia. Berlusconi si presentò quindi come il salvatore della patria, il “non politico”, l’imprenditore di successo, senza intrallazzi e connessioni col vecchio sistema, l’uomo che avrebbe salvato un’Italia in discesa libera.
E gli italiani ancora una volta si fidarono.

Secondo Macchiavelli inoltre, il Principe, per essere ben voluto, deve saper mantenere la propria parola, ma soprattutto egli deve essere in grado di far sembrare che la parola data sia mantenuta. “Della natura di volpe è necessario prendere il saper ingannare gli uomini. Ad un Principe non è necessario avere tutte le suddette qualità, ma sembrare di averle. Anzi, avendole tutte, queste gli sono dannose, ma parendo di averle, possono tornare utili. In generale gli uomini giudicano più in apparenza che in sostanza perché ognuno sa vedere quello che sembri, ma pochi sentono quello che sei in realtà e quei pochi non osano dire il contrario, mettendosi contro la maggioranza”.
In questo Berlusconi è stato un maestro. Essendo il proprietario di tre dei sei maggiori canali televisivi e possedendo numerosi altri mezzi di comunicazione, è stato in grado non solo di smobilitare fette di popolazione fino ad allora ai margini della vita politica (le cosiddette casalinghe che guardano i talk show), ma ha saputo simulare e dissimulare (per utilizzare le parole di Macchiavelli) i propri veri interessi mascherandoli come problemi del paese, riuscendo a mantenere comunque il consenso del proprio elettorato per quasi un ventennio.

Terzo, Macchiavelli argomenta che il Principe deve essere ben preparato contro i pericoli esterni. Nel caso di Berlusconi i pericoli erano più che altro interni (i numerosi guai giudiziari), ma non si può dire che il “Principe di Arcore” non fosse preparato a combatterli. Berlusconi infatti ha utilizzato per questa sua personale battaglia (che riuscì, come già scritto, a far passare per battaglia di tutti, contro le “toghe rosse”) la più potente delle armi a disposizione in Democrazia: la legge. Grazie alle varie immunità e alle leggi sui processi è riuscito infatti a sfuggire a numerose pendenze giudiziarie, molte delle quali sembravano inchiodarlo davanti a prove palesi.

Finito l’excursus sulla figura di Berlusconi, l’autore chiude con una previsione sul futuro dell’Italia. “Se dovessimo dar credito al ciclo storico che ha accompagnato l’Italia sin dai tempi dell’Impero Romano, non resta che aspettare il prossimo principe che ci governi”. “Ma, asserisce sempre l’autore, questo non è uno scenario plausibile, per lo meno in questo momento”. Il panorama politico italiano è molto, troppo frammentato e non spiccano figure di rilievo in grado di elevarsi a figura di “nuovo principe italiano”. Dobbiamo quindi aspettarci un periodo di transizione in vista di un ritorno futuro alla “normalità”.

“If the cyclical view of history that holds sway in Italy is correct, Italians are once more waiting to be ruled by a new dominant personality. But today’s political landscape is so fragmented that no charismatic individual will be able to rise to power anytime soon. Italy’s time of princes, enlightened monarchs, or democratic despots is over – at least for the time being”.

Su questa ultima considerazione, devo ammettere, non mi sono trovato molto d’accordo ed è proprio da questa che vorrei partire per una breve riflessione.
Osservando i fatti recenti, parlando con le persone e ascoltando i mass media nei loro commenti politici, si ha come l’impressione che il “nuovo principe” in realtà sia già arrivato da un pezzo. Il suo nome è Mario Monti e sta assumendo mano a mano tutte le caratteristiche descritte da Macchiavelli nel suo capolavoro. L’attuale primo ministro infatti rappresenta (proprio come lo rappresentava Berlusconi, con tutte le dovute differenze!) un personaggio nuovo, fresco, libero dai legami con il passato e quindi non succube dei mali che hanno afflitto l’Italia nell’ultimo ventennio. Un uomo in grado di liberare l’Italia dall’attuale classe dominante.

Mario Monti si presenta pure come la persona che riesce a proteggere l’Italia dalle intemperie esterne. In questo caso le intemperie sono rappresentate dalla crisi dei mercati e in particolare dalla profonda sfiducia che essi hanno nel nostro paese. Questa sfiducia  (tradotta in termini di spread) ci stava portando sull’orlo del baratro, ma il nuovo premier è riuscito a ridare slancio alla figura internazionale dell’Italia, raccogliendo numerosi consensi e attestati di stima dalle varie cariche internazionali, nonché dai famigerati mercati finanziari.

Mario Monti riesce pure molto bene nel garantirsi un alto grado di fiducia da parte della popolazione. I suoi strumenti però non sono più la televisione e i talk show, ma (ai limiti del paradossale a mio avviso) la sua onestà, il suo apparire pulito e al di sopra delle parti, autorevole e quindi degno di fiducia da parte del popolo. Una fiducia quasi a prescindere, che non necessita di essere comprovata, che permette facilmente di dissimulare le proprie intenzioni. Certo, alcune misure drastiche non hanno aiutato a mantenere il consenso su certi livelli, ma la sua reputazione e la fiducia che gli italiani ripongono in lui rimane sempre molto più alta di quella verso i partiti e verso i governi precedenti.

Mario Monti, proprio come indicato da Macchiavelli, è riuscito a mostrare la necessità di un governo per il benessere del popolo, illustrando le conseguenze di un'olocrazia che ormai stava prendendo effetti degenerativi in Italia (dove per Olocrazia si intende qui una forma di degenerazione della Democrazia, in quanto inevitabile conseguenza dei comportamenti demagogici legati all'acquisizione del consenso). I sondaggi rivelano chiaramente come la popolazione sia stanca del modello rappresentativo italiano. La fiducia verso i partiti è ai minimi storici e il populismo (foraggiato dalla personalizzazione dei partiti) assieme all’antipolitica hanno ormai preso il sopravvento distorcendo il regolare dibattito democratico. Mario Monti rappresenta quindi il modo per uscire da questo modo di fare politica.

Mario Monti è senza dubbio una persona prudente e in grado di accettare consigli solo quando necessario, due caratteristiche tipiche del principe machiavelliano. I tavoli per le varie riforme del lavoro e delle pensioni ne sono un buon esempio, così come certi tentativi di bypassare l’opinione del parlamento per un’approvazione più veloce dei provvedimenti. In molti si sono lamentati dello scarso peso dato dal premier ai sindacati e del suo troppo polso nel prendere le decisioni. Alcuni hanno addirittura parlato di “fine della concertazione”. Questo però non significa che il Premier Monti si isoli nel prendere le decisioni, anzi, molta influenza hanno avuto i tre partiti che sorreggono il suo governo e molti dei loro suggerimenti sono stati tenuti in alta considerazione per le sue scelte più importanti (ultima in ordine temporale la scelta di mantenere pressoché inalterata la norma sull’Articolo 18 a seguito delle forti pressioni del PD).

Insomma l’impressione (suffragata dai sondaggi) è che l’Italia e gli italiani abbiano già trovato un nuovo Principe al quale affidarsi. Un principe completamente nuovo rispetto al precedente e che probabilmente segnerà la storia del nostro paese ancora per qualche tempo.
Infatti se non credo che Mario Monti resterà al governo oltre il suo mandato, credo fortemente che questa tendenza all’affidarsi a dei tecnici sia molto più forte e radicata all’interno della coscienza del popolo italiano di quanto si possa pensare. Il principe, tirando le some del discorso, non è quindi Mario Monti in se, ma la figura del tecnico (oggi rappresentato da Mario Monti). Una figura autoritaria, ma senza dubbio al di sopra di ogni sospetto, in grado di difendere l’Italia dalle intemperie esterne e di garantire alla popolazione un proseguimento tranquillo della propria vita (o per lo meno in grado di farglielo credere).  
Perché, diciamocela tutta, l’Italia e la Democrazia (intesa come modello partecipativo e pluralista di gestione della cosa pubblica) non sono mai andati troppo d’accordo. Gli italiani avranno si prodotto figure politiche di spicco, ma non si sono mai appassionati alla politica, al bene comune e (per dirla come gli anglosassoni) alla civicness, intesa come attaccamento e fiducia verso le istituzioni e forma di solidarietà comune. Di conseguenza la figura del Principe ha sempre spiccato nel nostro panorama politico, alle volte ricalcando la figura del principe illuminato, alle volte quella del dittatore fino a quella del “self - made man” in fuga dai guai personali. Una figura forse non consona ai modelli occidentali, ma sempre in grado di tenere insieme un popolo che insieme ha sempre fatto fatica a stare.

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