venerdì 20 aprile 2012

Contro l'antipolitica un ritorno alla vera dimensione popolare


(di Luca Burgazzi)

L'Italia sta attraversando una crisi economica gravissima ed è tangibile una profonda sfiducia nei confronti della politica.
Il livello di astensionismo prospettato dalle ultime rilevazioni raggiunge livelli preoccupanti per una democrazia matura.
Il rischio vero è che si possano fare largo esperienze che poco abbiano a che fare con la democrazia, proprio cavalcando questo clima di incertezza.
A fatica stiamo uscendo da una delle più devastanti anomalie che il nostro Paese abbia mai attraversato: il berlusconismo, che ci ha portato qui dove siamo ora.
Da più parti soffiano i venti dell'antipolitica e della demagogia, ma occorre porre dei margini solidi se vogliamo che la democrazia in questo Paese non sia preda a demagoghi o miliardari.

Il Pd deve intraprendere una battaglia coraggiosa perché è la sola forza in grado di porre argini sicuri a questa deriva, ma per farlo occorre che riscopra e rafforzi la sua dimensione “popolare”.

Qui sta la vera alternativa rispetto all'elitarismo della tecnica e alla demagogia dell'evento di piazza.

Queste due realtà stanno tentando di dare risposte all'attuale situazione: assistiamo infatti, da una parte, al proliferare di manifesti politico-culturali di grande respiro, di grande levatura morale, culturale e tecnica, ma purtroppo racchiusi in specifici ambiti a carattere prevalentemente universitario. La loro forza mediatica risiede, paradossalmente, proprio nel loro essere élite, nel loro configurarsi come “vati” di un nuovo modo di fare politica che però rimane freddamente lontano alle situazione reale e quotidiana delle persone.
Certamente arricchiscono il dibattito pubblico, ma non è da qui che si possano porre le basi di una rinnovata democrazia.
Sull'altro versante vi è un rinnovato movimentismo di piazza (sia essa mediatica o fisica) portato avanti da soggetti più disparati come ad esempio Grillo ed il suo Movimento, ma anche partiti più tradizionali quali Forza Nuova e La Destra che, soffiando sul malessere generale, tentano di aprisi varchi elettorali importanti. Tralasciando solo per un attimo il giudizio politico verso questi soggetti (definirli neofascisti è quasi un complimento), la loro chiave d'azione sta nel mobilitare le persone attraverso il momentaneo evento in modo da catalizzare il tutto in poche e scenografiche iniziative (vedi il vaffa-day o i manichini davanti ad equitalia).

Il rafforzamento della dimensione popolare può essere la vera svolta che il Pd può mettere in campo.
Essere “popolari” significa recuperare la politica della prossimità e quindi la politica del quotidiano.

Le forze politiche della destra hanno cercato di essere popolari attraverso un populismo volto a cavalcare il disagio e con una politica completamente disinteressata ed affrontare quei disagi e problemi reali. In questo modo si sono potuti garantire un consenso capace di permettere la sola gestione del potere; in questo modo si sono inoltre innestati nella società nuovi “valori” basati sulla diffidenza, sul personalismo dei bisogni in totale antitesi rispetto al bene comune che esige un confronto con l'altro.

Il nostro porci come forza popolare dovrà andare nella direzione opposta attraverso una vera attenzione alla vita quotidiana delle persone. Sempre più bisognerà saper ascoltare le difficoltà di chi va a fare la spesa, di chi incrociamo per strada o sul pianerottolo di casa. Tutto ciò può sembrare forse banale, ma occorre capire che bisogna partire proprio dal vissuto vero delle persone per costruire politiche efficaci.
Troppo spesso la politica è fatta di tabelle e grafici statistici, che sono essenziali per amministrare, ma fare politica è qualcosa in più; significa rapportare quelle tabelle e quei bilanci alla concretezza della vita, a volte alla fatica della vita.
Questo è ciò che occorre per evitare l'elitarismo di una certa classe politica che pretende di governare con i numeri, mettendo da parte le persone.
Troppe volte si è lavorato in questo modo, occorre cambiare rotta.
Solo così il Pd sarà sempre più un partito che è in grado di capire ciò che si muove nella società perché è in essa stessa che vive e cammina.
Si tratta di un enorme sforzo di ascolto e di elaborazione politica senza precedenti e proprio perché quotidiano, questo lavoro deve essere continuativo, serio e competente lontano dalle esasperazioni e semplificazioni mediatiche che l'antipolitica sta offrendo sulla piazza.
Grandi protagonisti di tutto ciò sono e dovranno esserlo sempre i nostri sindaci ed amministratori che ogni giorno si confrontano con la fatica dell'amministrare, con la difficoltà dei bilanci sempre più stretti dal patto di stabilità. Sindaci e amministratori che sono purtroppo anche oggetto di minacce da parte della criminalità organizzata a testimonianza che il loro lavoro va sempre più sostenuto e valorizzato.
È da queste persone che il Pd deve trarre una parte importante della classe dirigente per un rinnovamento credibile ed è dalle loro competenze che si può davvero dare un rinnovato slancio alle nostre comunità.
Siamo consapevoli che tutto questo agire deve poi rapportarsi con le varie realtà associative e non che già stanno lavorando su singole tematiche specifiche.
Solo attraverso un reciproco scambio si potrà costruire dei progetti capaci di unificare anziché dividere, capaci di offrire uno sguardo lungo, di prospettiva e di futuro.
Tutto ciò non può prescindere rispetto ad un rigoroso lavoro normativo che possa garantire trasparenza e certificazione dei bilanci, riduzione dei finanziamenti, ma che preservi le sovvenzioni pubbliche per evitare sbandamenti verso non ben precisate plutocrazie e oligarchie economiche.

Il Pd sta già avviando, con tutte le fatiche del caso, questo percorso sia con proposte di legge e sia in iniziative sul territorio, e non a caso in tutto il periodo festivo sono attive feste ed iniziative a forte carattere popolare che spesso sono oggetto di facile ironia, ma possono rappresentare un'occasione per potersi confrontare sulla vera politica ad agire nel segno del bene comune.

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