giovedì 15 dicembre 2011

Partiti e società civile: quale futuro e quali reali possibilità di collaborare alla concreta realizzazione del Bene Comune?

(di Luca Burgazzi)

Innanzitutto occorre farsi una domanda preliminare: 
Che cosa si intende per società civile?
Senza la risposta a questa domanda non si puo' andare avanti.
Il termine società civile è stato infatti usato in questo ultimo periodo in maniera contraddittoria con tratti che hanno del mitologico. Purtroppo dietro a questo termine stanno molto spesso realtà che a stento si possono definire realmente vicine al sentire della gente. Si parla di società civile solamente per tirare cannonate al sistema politico, ma non si va mai a specificare che cosa sia in realtà. 


Molto spesso società civile è purtroppo sinonimo di poteri forti.

Non dobbiamo quindi cadere nella trappola spesso portata avanti da giornali, riviste patinate, circoli benpensanti che la società civile sia il bene e che i partiti siano il male. Chi compie questo ragionamento ha altre mire spesso in contrasto con la società vera e propria. Infatti chi è iscritto in un partito automaticamente diventa altro rispetto alla società civile? Assume una forma ontologica diversa? Ne dubito.

Ecco perchè dobbiamo parlare di persone, cioè relazioni concrete che incontriamo nella vita di tutti i giorni. Non cerchiamo perifrasi o belle parole per evitare di parlare di persone. Parlare in questi termini oggi significa essere molto concreti, significa affrontare problemi seri come ad esempio il lavoro che non c'è, significa parlare di cultura, scuola, integrazione, ma anche di mobilità ed ambiente in una parola, si parla della vita quotidiana di tutti. Solo rivolgendosi alle persone si può fare politica, altrimenti si fa accademia dalle colonne dei giornali o da qualche tribuna televisiva. 
È in questo contesto che si deve muovere il lavoro dei partiti.

La Costituzione è molto chiara sui partiti si legge infatti nell'art 49:
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Di conseguenza lo strumento partito è il solo che la Costituzione da ai cittadini, non si parla infatti di popoli, comitati o di movimenti.

Credo che allo stato attuale delle cose sia necessario, per la stessa vita democratica del nostro Paese, recuperare e far uscire dagli strali dell'antipolitica il concetto di partito. Certo nessuno può dimenticare la storia del tutto particolare dell'Italia in cui davvero i partiti nel bene e nel male hanno fatto la storia non solo politica, ma anche sociale, economica e culturale. È stata una stagione importante, purtroppo finita in malo modo, ma appunto finita. Non si possono certo riproporre schemi anologhi perchè nel frattempo la società italiana è cambiata in un processo di frammentazione che molto spesso è stata favorita dalla stessa politica secondo una logica molto antica del divide et impera.

Eppure perchè ritengo che il partito sia ancora non solo attuale, ma assolutamente necessario?

Non può certo sfuggirci che tutto il sistema politico italiano è stato pervaso (e lo è tutt'ora) da una forte personalizzazione, volta alla ricerca del leader carismatico, del salvatore della patria, di colui che è superiore alla stessa politica e per questo motivo è il solo capace di attuare qualcosa, di portare avanti il governo del fare. Abbiamo visto che questo modello non ha portato molti risultati e occorre quindi cambiare strategia, non solo per il piacere di cambiare, ma perchè siamo nel “tempo ideale” per riformare tutta quanta la democrazia rappresentativa. Per far questo occorre che i partiti stessi facciano degli sforzi enormi in questa direzione. Non è facile intraprendere questo percorso e chi lo sta facendo molto spesso è attaccato dalla stessa opinione pubblica e in molti casi anche dal proprio elettorato. Porto un esempio: in un ultima riunione di circolo dopo la discussione su vari punti programmatici e proposte concrete è arrivata la domanda fatale: ma chi è il leader capace di fare tutto questo? Certo non possiamo negare che la politica la fanno le persone con i loro valori e capacità, ma dietro ci deve essere un progetto più ampio.

Ecco allora che occorre partire da un presupposto: la politica portata avanti dai partiti deve essere assolutamente autonoma, ma pur nella sua autonomia essa deve riconoscere di avere dei limiti oltre i quali non può, per sua natura, andare.

Ecco allora che quel rapporto “strutturale” con la società e i suoi movimenti civici e democratici diventa fondamentale; tale rapporto si mostra assolutamente necessario perchè questi movimenti non hanno la capacità di avere una visione d'insieme. Si muovono su singoli argomenti, ma i problemi sono complessi e fortemente legati tra loro. Compito della politica e dei partiti è quello di stare dentro la società e costruire un progetto capace di aggregare le varie forze presenti in un unico “sistema”, che deve essere sempre più il sistema Paese.

Ecco che la vera collaborazione tra partiti e società non può che essere la reciproca influenza per costruire progetti organici, unificanti. Questa è la funzione che i partiti devono avere nella democrazia di oggi.

Per attuare tutto questo occorre certo che i partiti siano naturalmente attrezzati per ascoltare e confrontarsi con le istanze della società e per far questo occorre prima di tutto (e potrebbe sembrare contraddittorio, ma non lo è) che essi sappiano darsi una elaborazione propria ed autonoma attraverso i canali interni fatti di assemblee, conferenze, riunioni ecc. che spesso risultano, agli occhi di chi si affaccia per la prima volta alla politica attiva, come inutili carrozzoni, ma in realtà sono il sale della democrazia. Diffidate dai partiti in cui non si discute negli organismi dirigenti! Naturalmente queste discussione deve essere sempre più improntata sulle proposte e meno sulle persone e forse su questo punto siamo ancora pericolosamente indietro.

Esistono strumenti per favorire l'apertura dei partiti verso l'esterno (es. primarie), ma questi non devono essere a mio avviso imposti per legge. Ogni forza politica deve avere la libertà di organizzarsi come meglio crede, saranno poi i cittadini a darle o meno la propria fiducia. Certo questi strumenti non sono privi di difetti e molti casi l'hanno dimostrato; ecco allora che anche su questo punto non possiamo farci trascinare dal vento dell'antipolitica perchè anche qui rischieremmo di ottenere effetti devastanti. Sicuramente la legge elettorale nazionale non aiuta per nulla alla partecipazione, ma c'è in discussione un referendum e nel parlamento sono depositate molte proposte di modifica, vedremo che cosa accadrà.

Altri due temi che i partiti devono affrontare sono: i costi della politica e il rinnovamento/giovani.

Sul tema dei costi della politica è stato detto molto; è qualcosa che va affrontato con serietà e verità da parte di tutti. L'unica soluzione è il ricorso agli standard europei sia per quanto riguarda l'indennità che gli altri eventuali “privilegi”. Non si può lasciare questo tema fuori dalla porta perchè il rischio di fare della democrazia uno plutocrazia (cioè governa chi ha i soldi) è alto; pensare infatti di togliere ogni indennità a chi fa politica porta alla degenerazione della politica. Anche qui chi dice di fare politica gratis ha dietro altri progetti che non vanno certo nella direzione di salvaguardare la democrazia.

Per quanto riguarda il rinnovamento anche qui occorre procedere con serietà, senza invocare scenari apocalittici, ma senza ignorare il problema. Si stanno facendo molti piccoli passi, forse non sono alla ribalta del grande schermo, ma vi assicuro che ci sono. Occorre però che i partiti politici testimonino nella società che fare politica è ancora qualcosa di sano per la quale è utile spendersi ed impegnarsi. Occorre tornare anche a parlare di valori, perchè non possiamo parlare solo alle tasche della gente, ma anche alla testa e perchè no anche al cuore. La politica non si riduce al pareggio di bilancio, ma fa del pareggio di bilancio uno strumento per portare avanti progetti che devono avere alle spalle dei valori solidi, valori che sono poi i valori della nostra Costituzione. Ecco forse il rinnovamento che serve; un rinnovamento dei toni e dello stile prima ancora che generazionale.

Fin qui abbiamo visto come si devono comportare i partiti, ma la società, noi quindi che dobbiamo fare?

Occorre superare il qualunquismo dilagante che ci fa dire: sono tutti uguali.

Certo i problemi esistono, ma noi che abbiamo a cuore il bene comune non possiamo lavarci le mani in questo modo. Dobbiamo superare una certa indifferenza dal “mondo dei partiti”. Evitiamo false semplificazioni e soprattutto facciamo la fatica di andare a cercare le informazioni su le varie proposte o posizioni di questo e quel partito andando al di là dei tradizionali mezzi di comunicazione. Non è un lavoro facile, ne tantomeno esaltante andarsi magari a leggere le proposte di legge scritte spesso in una lingua a tratti sconosciuta, ma bisogna farlo perchè purtroppo i media questo lavoro non lo fanno. Non voglio qui parlare di informazione e mondo dei media, ma se a tutti è chiesto di fare bene il proprio lavoro, noi come cittadini, dobbiamo pretendere che anche i giornalisti facciano bene anche il loro, evitando il più possibile facili semplificazioni.

Infine credo che come cittadini siamo chiamati all'impegno anche diretto; ecco perché il mio è un invito ad assistere e partecipare alla vita comunitaria dei partiti.

Solo attraverso l'impegno diretto si può cambiare il sistema. La politica è per sua natura un prendere posizione e quindi schierarsi, senza schieramenti la democrazia non funziona

Per concludere: non esistono soluzione magiche a tutte queste problematiche.

Non ci sono molti espedienti organizzativi capaci di risolvere il tutto, ma solo la forza dei programmi. Cerchiamo dunque di superare il più possibile le nostre perplessità perchè abbiamo bisogno, per ricostruire tutta la nostra comunità, del contributo di tutti.

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