(di Luca Burgazzi)
L'Italia sta attraversando una
crisi economica gravissima ed è tangibile una profonda sfiducia nei confronti
della politica.
Il livello di astensionismo
prospettato dalle ultime rilevazioni raggiunge livelli preoccupanti per una
democrazia matura.
Il rischio vero è che si possano
fare largo esperienze che poco abbiano a che fare con la democrazia, proprio
cavalcando questo clima di incertezza.
A fatica stiamo uscendo da una
delle più devastanti anomalie che il nostro Paese abbia mai attraversato: il
berlusconismo, che ci ha portato qui dove siamo ora.
Da più parti soffiano i venti
dell'antipolitica e della demagogia, ma occorre porre dei margini solidi se
vogliamo che la democrazia in questo Paese non sia preda a demagoghi o
miliardari.
Il Pd deve intraprendere una
battaglia coraggiosa perché è la sola forza in grado di porre argini sicuri a
questa deriva, ma per farlo occorre che riscopra e rafforzi la sua dimensione
“popolare”.
Qui sta la vera alternativa
rispetto all'elitarismo della tecnica e alla demagogia dell'evento di piazza.
Queste due realtà stanno tentando
di dare risposte all'attuale situazione: assistiamo infatti, da una parte, al
proliferare di manifesti politico-culturali di grande respiro, di grande
levatura morale, culturale e tecnica, ma purtroppo racchiusi in specifici
ambiti a carattere prevalentemente universitario. La loro forza mediatica
risiede, paradossalmente, proprio nel loro essere élite, nel loro configurarsi
come “vati” di un nuovo modo di fare politica che però rimane freddamente
lontano alle situazione reale e quotidiana delle persone.
Certamente arricchiscono il
dibattito pubblico, ma non è da qui che si possano porre le basi di una
rinnovata democrazia.
Sull'altro versante vi è un
rinnovato movimentismo di piazza (sia essa mediatica o fisica) portato avanti
da soggetti più disparati come ad esempio Grillo ed il suo Movimento, ma anche
partiti più tradizionali quali Forza Nuova e La Destra che, soffiando sul
malessere generale, tentano di aprisi varchi elettorali importanti.
Tralasciando solo per un attimo il giudizio politico verso questi soggetti
(definirli neofascisti è quasi un complimento), la loro chiave d'azione sta nel
mobilitare le persone attraverso il momentaneo evento in modo da catalizzare il
tutto in poche e scenografiche iniziative (vedi il vaffa-day o i manichini
davanti ad equitalia).
Il rafforzamento della dimensione
popolare può essere la vera svolta che il Pd può mettere in campo.
Essere “popolari” significa
recuperare la politica della prossimità e quindi la politica del quotidiano.
Le forze politiche della destra
hanno cercato di essere popolari attraverso un populismo volto a cavalcare il
disagio e con una politica completamente disinteressata ed affrontare quei
disagi e problemi reali. In questo modo si sono potuti garantire un consenso
capace di permettere la sola gestione del potere; in questo modo si sono
inoltre innestati nella società nuovi “valori” basati sulla diffidenza, sul
personalismo dei bisogni in totale antitesi rispetto al bene comune che esige
un confronto con l'altro.
Il nostro porci come forza
popolare dovrà andare nella direzione opposta attraverso una vera attenzione
alla vita quotidiana delle persone. Sempre più bisognerà saper ascoltare le
difficoltà di chi va a fare la spesa, di chi incrociamo per strada o sul
pianerottolo di casa. Tutto ciò può sembrare forse banale, ma occorre capire
che bisogna partire proprio dal vissuto vero delle persone per costruire
politiche efficaci.
Troppo spesso la politica è fatta
di tabelle e grafici statistici, che sono essenziali per amministrare, ma fare
politica è qualcosa in più; significa rapportare quelle tabelle e quei bilanci
alla concretezza della vita, a volte alla fatica della vita.
Questo è ciò che occorre per
evitare l'elitarismo di una certa classe politica che pretende di governare con
i numeri, mettendo da parte le persone.
Troppe volte si è lavorato in
questo modo, occorre cambiare rotta.
Solo così il Pd sarà sempre più
un partito che è in grado di capire ciò che si muove nella società perché è in
essa stessa che vive e cammina.
Si tratta di un enorme sforzo di
ascolto e di elaborazione politica senza precedenti e proprio perché
quotidiano, questo lavoro deve essere continuativo, serio e competente lontano
dalle esasperazioni e semplificazioni mediatiche che l'antipolitica sta
offrendo sulla piazza.
Grandi protagonisti di tutto ciò
sono e dovranno esserlo sempre i nostri sindaci ed amministratori che ogni
giorno si confrontano con la fatica dell'amministrare, con la difficoltà dei
bilanci sempre più stretti dal patto di stabilità. Sindaci e amministratori che
sono purtroppo anche oggetto di minacce da parte della criminalità organizzata
a testimonianza che il loro lavoro va sempre più sostenuto e valorizzato.
È da queste persone che il Pd
deve trarre una parte importante della classe dirigente per un rinnovamento
credibile ed è dalle loro competenze che si può davvero dare un rinnovato
slancio alle nostre comunità.
Siamo consapevoli che tutto
questo agire deve poi rapportarsi con le varie realtà associative e non che già
stanno lavorando su singole tematiche specifiche.
Solo attraverso un reciproco
scambio si potrà costruire dei progetti capaci di unificare anziché dividere,
capaci di offrire uno sguardo lungo, di prospettiva e di futuro.
Tutto ciò non può prescindere
rispetto ad un rigoroso lavoro normativo che possa garantire trasparenza e
certificazione dei bilanci, riduzione dei finanziamenti, ma che preservi le
sovvenzioni pubbliche per evitare sbandamenti verso non ben precisate
plutocrazie e oligarchie economiche.
Il Pd sta già avviando, con tutte
le fatiche del caso, questo percorso sia con proposte di legge e sia in
iniziative sul territorio, e non a caso in tutto il periodo festivo sono attive
feste ed iniziative a forte carattere popolare che spesso sono oggetto di
facile ironia, ma possono rappresentare un'occasione per potersi confrontare
sulla vera politica ad agire nel segno del bene comune.
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